La scelta di schierare Menez ha permesso di vedere un nuovo modo di interpretare il ruolo nel credo calcistico di Marco Baroni.
C’era curiosità di capire come Marco Baroni avrebbe scelto di utilizzare Jeremy Menez nel momento in sarebbe stato nuovamente a disposizione. Alla fine lo ha messo in campo nella posizione di riferimento centrale, non generando un grande effetto sorpresa tenuto conto che era una soluzione immaginabile.
Quello che, però, sta venendo fuori da questo primo periodo di lavoro del tecnico al timone della Reggina è il suo modo di vedere il centravanti.
Da quando è arrivato in quella posizione sono stati schierati Lafferty, Rivas, Charpentier e Menez. Tralasciando il nordirlandese le cui prestazioni hanno indotto il taglio, l’honduregno e i due francesi hanno interpretato il ruolo in maniera diversa.
L’ex interista, infatti, è stato utilizzato con l’obiettivo di farlo correre sempre in verticale, per allungare le difese avversarie e allargarle con i suoi movimenti verso l’esterno.
Nel caso di Charpentier, invece, si è vista una concezione più classica del ruolo, con il calciatore che in alcuni casi è stato chiamato a venire incontro e a difendere la palla.
Ancora diversa è stata l’interpretazione di Menez che, per effetto, della sua qualità è stato visto spesso svariare in più zone del campo, per sfruttarlo anche come suggeritore.
C’è, però, un unico denominatore che al momento sta contraddistinguendo gli attaccanti schierati dal tecnico: la capacità di andare a prendersi lo spazio in verticale. Dato che, ad esempio, non è una caratteristica peculiare di German Denis che, al di là di condizioni non perfette, sembra ad oggi indietro nelle gerarchie ed in attesa dell’inserimento dei nuovi acquisti.