Il tecnico si apre poco nelle interviste, ma iniziano ad emergere caratteristiche del suo modus operandi.
Stando alle dichiarazioni ogni allenatore sembra orientato a proporre un calcio offensivo, a non aver paura dell’avversario e a voler sempre attaccare.
Peccato che, però, spesso a vincere sia il pragmatismo e la logica del “meglio un punto che zero” o del “prima non prenderle”. Che se poi arrivano i risultati, non c’è neanche da vergognarsi.
Marco Baroni, sin da quando è arrivato a Reggio, ha detto di voler scegliere un calcio offensivo per la Reggina. Una scelta che, al momento, sembra confermata dai fatti. La sua squadra, fin quando ne ha, sceglie di pressare alto l’avversario, di attaccare gli spazi e di portare tanti uomini in area di rigore. A dispetto del fatto che si giochi con una punta (che fino ad ora è stato sempre Rivas) si è visto più volte che, su azioni manovrate, ci si sia trovati con almeno tre uomini pronti a ricevere suggerimenti dagli esterni nei pressi della porta.
Adesso c’è curiosità rispetto alla possibilità che la Reggina, con i nuovi acquisti e una volta recuperati tanti interpreti, riesca ad avere una tenuta da novanta minuti con il suo miglior calcio.
C’è, però, un dato che sembra contraddistinguere il tecnico. Crede molto nel lavoro del gruppo e difficilmente getterà subito nella mischia qualsiasi nuovo acquisto. Allo stesso modo, fino ad ora, ha dato l’idea di non voler mai rischiare gli infortunati quando non sono al 100%. Circostanze che fanno credere che, sulla base di questa prudenza, ci vorrà del tempo prima che i nuovi o i rientrati possano essere considerati alla stregua di quanti non hanno mai smesso di allenarsi.