L’idea di concentrare le squadre in un solo impianto contrasta con le effettive disponibilità dei club, specialmente di C. Nel girone C, solo due società hanno in dote Centri Sportivi con servizi annessi, altre dovrebbero appoggiarsi a strutture ricettive esterne
Tra le idee pensate da Federcalcio e Leghe per la ripresa dell’attività sportiva, c’è anche quella di “recludere” i calciatori nei Centri Sportivi e isolarli dall’esterno e da contatti con le altre persone.
Un’idea però che in serie C è decisamente inapplicabile. Infatti, relativamente al girone C, sono appena due le società dotate di Centro Sportivi con annessi servizi ricettivi, quindi posti letto, mensa e strutture sanitarie: Torre del Grifo a Catania e Il Centro Sportivo Sant’Agata a Reggio Calabria gli unici esempi del genere.
Molte altre società, a partire da Bari, Ternana, Monopoli e Potenza, invece si allenano su campi sintetici o addirittura sul campo in cui disputano le gare casalinghe.
Altri club, come ad esempio il Catanzaro, dispongono di strutture con più campi, ma senza servizi essenziali per garantire la “quarantena” di una squadra di calcio. Inutile poi andare ad analizzare la situazioni delle società più piccole del girone centro-meridionale, tutte afflitte, prima dell’emergenza coronavirus, da atavici problemi legati alle strutture, sia per quel che riguarda le partite, sia per gli allenamenti. Basti solo pensare che due club (Picerno e Rende) giocano in campo neutro poiché i rispettivi stadi di casa sono inagibili o non idonei per la serie C.
Insomma, bel problema quello di far ripartire la C con le squadre in quarantena: senza strutture è davvero impossibile.