Il successo mancava da oltre due mesi, da prendere ci sono i punti ma anche altro.
Ad un certo punto la voce da flebile iniziava a farsi più forte. Quella che diceva che questa Reggina è una squadra di figurine. Di giocatori arrivati, sul viale del tramonto o che addirittura ad animarli ci fosse solo l’indolenza.
La risposta migliore è probabilmente arrivata contro il Brescia. La prova, dal punto di vista strettamente tecnico, non è stata perfetta. C’è stata qualche lettura sbagliata in alcune occasioni, a volte si è pagato dazio alla forza di individualità bresciane come quella di Torregrossa.
Alla fine, però, si è vinto. Si è ottenuto quello che contava più di ogni altra cosa. E le chiavi per spiegare il successo sono tante. La prima è che, per una volta e finalmente, la fortuna ha restituito qualcosa nel primo tempo nella traversa colpita da Ragusa. La seconda, forse, la si può trovare nell’abbraccio finale di una squadra stremata e felice di aver trovato dentro di se le risposte che cercava.
Un’immagine che attesta l’unità del gruppo dopo una settimana di ritiro e che riassume tanti dei contenuti visti nel corso della partita. Abnegazione, attenzione e tanta sostanza hanno contraddistinto una squadra che, come ama dire Toscano, finalmente è riuscita a portarsi gli episodi dalla propria parte.
Si, perché c’erano pochi dubbi sul fatto che questa Reggina avesse qualità e piedi buoni. Qualche interrogativo c’era semmai sulla possibilità che potesse diventare un’orchestra vogliosa di suonare insieme, che fosse capace di soffrire ed anche di reagire a periodi come quelli vissuti. Oggi, in attesa di spostare il focus su questioni tattiche che possono attendere, si può dire che si è scoperto che questa squadra ha un’anima. Ed è il primo punto da cui ripartire, pensando da ora in avanti di settimana in settimana, sperando di recuperare qualche infortunato.