I vantaggi delle avversarie non sono più sinonimo di sconfitta
A lungo c’è stato un aspetto che segnalava quanto la Reggina dovesse crescere dal punto di vista mentale. Gli amaranto, soprattutto nel girone d’andata, quando subivano gol erano praticamente certi di perdere la partita. Bastava uno svantaggio perché un match diventasse sinonimo di sconfitta.
A lungo il pareggio firmato da Folorunsho al 90′ a Pordenone è rimasta l’unica rimonta concretizzata dalla squadra che era stata di Toscano prima e di Baroni poi. Il tutto a fronte di tanti ribaltoni subiti.
Nelle ultime partite, invece, la squadra è riuscita a reagire ai colpi subiti. È successo tre volte. Prima contro il Chievo, poi a Cittadella e poi a Cremona. E, tra l’altro, in due delle circostanze citate la Reggina avrebbe potuto tranquillamente completare la rimonta. Segno che il grado di consapevolezza e convinzione della squadra ha raggiunto un livello tale che un evento negativo non basta a scalfire le certezze accumulate.
Non ci sono dubbi, però, che probabilmente Baroni avrebbe preferito non prendere i gol dello svantaggio. Soprattutto quello evitabile di Cremona che ha probabilmente fatto saltare il suo piano di aggressione alla partita dopo aver contenuto la sfuriata dei padroni di casa, puntualmente maturata nella prima frazione